sabato 8 dicembre 2007

manifesto (da www.criticaliberale.it)

La Fondazione Critica liberale ha promosso questo “manifesto”, che, annunciato il giorno prima, è stato pubblicato in parte da “Repubblica” sabato 4 febbraio 2006. Questo è il testo integrale. Invitiamo a diffonderlo su tutti i blog, siti e mailing list, e a dare la propria adesione, indirizzandola a info@criticaliberale.it oppure al fax 06.6796011.

La cultura liberale e democratica deve far sentire la sua voce. Non può tacere di fronte all’usurpazione continua del suo nome e dei suoi valori che viene condotta dalla destra italiana. La democrazia liberale è limitazione del potere, certezza del diritto, centralità del conflitto regolato, rispetto delle regole del gioco, pluralità delle fonti d’informazione, poliarchia economica, laicità. Rifiuta ogni pur larvata rivalutazione del passato totalitario e antieuropeo o di quello premoderno e antirisorgimentale della nostra storia.

Lo scontro elettorale vedrà, da una parte, un centrosinistra inevitabilmente eterogeneo, che a nostro avviso ha un bisogno vitale di rinnovarsi nell’incontro con il liberalismo progressista in tutte le forme che ha assunto nell’ultimo secolo; e, dall’altra, una destra populista, che in regime di monopolio dell’informazione ha governato nel prevalente interesse personale del capo e dei suoi sodali, stravolgendo il governo delle leggi e ogni regola del gioco democratico, deformando a proprio vantaggio le norme stesse del patto costituzionale, mettendo in causa i valori etico-politici fondamentali su cui la Repubblica venne rifondata dopo la catastrofe fascista, costruendo per le giovani generazioni un futuro di degrado civile, di dequalificazione e di precarietà. Il risultato è la disfatta morale, sociale ed economica, un paese in declino e screditato all’estero.

Vogliamo sottolineare in questa sede quattro priorità per il governo dell’Unione.

1.Investire sull’Europa. Chiediamo innanzitutto di rimettere al centro dell’agenda politica l’impegno per la costruzione di quella “unione sempre più stretta” che i padri fondatori dell’Europa vollero iscrivere nel preambolo al Trattato di Roma. L’Italia si è rivelata sempre decisiva per far avanzare il processo di integrazione e per mantenere aperta la prospettiva federalista. Questa spinta è venuta meno proprio ora che la sopravvivenza politica dell’Europa nel mondo globalizzato è legata alla sua capacità di parlare sulla scena internazionale con una voce unitaria, forte di una legittimazione democratica diretta. Occorre rispondere colpo su colpo alla demagogia antieuropea e non arrendersi alla prospettiva di un’Europa senza ambizioni. Anche sul piano interno, è prioritario adeguare il paese agli standard europei soprattutto nel campo dell’istruzione, dei servizi, delle infrastrutture.

2.Rifondare le regole. Per scongiurare sia una permanente palude centrista sia la riproposizione della caricatura di democrazia recitata dai protagonisti degli ultimi dieci anni, chiediamo che sia costruito un sistema maggioritario e dell’alternanza vero e compiuto: va rafforzata la rigidità della Costituzione e delle leggi elettorali, elevati i quorum previsti per l’elezione di tutti gli organi di garanzia, introdotto uno statuto dei diritti dell’opposizione, valorizzata la funzione di controllo del Parlamento. Chiediamo che nei primi sei mesi si ripulisca la legislazione dalle più vergognose intromissioni di interessi particolari. Chiediamo l’adozione di regole certe e trasparenti in materia di ordinamento giudiziario e di autorità indipendenti. Chiediamo di porre fine all’asservimento della pubblica amministrazione ai voleri e ai desideri della politica. Chiediamo la costruzione di un tessuto di regole di democrazia economica su funzionamento e trasparenza dei mercati e diritto societario. Chiediamo l’impegno prioritario per l’introduzione di una rigida disciplina antimonopolistica, soprattutto nel campo dell’informazione e contro i conflitti d’interesse. Chiediamo di farla finita con una giustizia basata su prescrizioni e amnistie; con un’economia pubblica basata su condoni, leggi prive di copertura e “finanza creativa”. Chiediamo all’Unione di darsi codici di autoregolamentazione in fatto di etica pubblica e di rapporti tra politica ed economia più esigenti di quelli derivanti dal mero rispetto della legge penale come premessa a un’azione di governo improntata a sobrietà nello svolgimento delle funzioni pubbliche.

3. Attivare la mobilità sociale. L’Italia di questi anni è divenuta il paese dell’Unione europea socialmente più statico e incapace di esprimere ed utilizzare le proprie energie potenziali. Settori sempre più ampi di giovani, donne, immigrati, anziani, e la popolazione di intere aree del Mezzogiorno, rischiano di rimanere esclusi o di venire espulsi dal mondo del lavoro e quindi dalla pienezza dei diritti di cittadinanza. Una politica liberale della flessibilità deve essere uno strumento della mobilità sociale, capace di moltiplicare le occasioni e garantire a ciascuno uguaglianza di opportunità e di punti di partenza, anziché divenire l’anticamera del precariato nel lavoro e della marginalizzazione nella società. Deve favorire il riconoscimento dei talenti e dei meriti, il libero espandersi delle potenzialità e della creatività di ogni individuo, l’accesso all’istruzione e alla conoscenza come strumento principale di progresso economico, sociale, civile. Una politica liberale dello sviluppo deve proporsi prioritariamente la lotta contro la criminalità organizzata che impedisce in ampie aree del paese il libero dispiegarsi delle energie economiche, e l’abbattimento delle barriere neoprotezionistiche e neocorporative nel mondo delle imprese e delle professioni.

4. Ricostruire la laicità. Chiediamo un impegno solenne e iniziative concrete volte a instaurare piena libertà di opinione, religiosa, di scienza e di coscienza. In regime di separazione tutte le istituzioni pubbliche devono essere neutrali, garantire pari dignità ad ogni convinzione in materia di fede, sopprimere ogni privilegio. Devono tutelare, contro ogni tentazione oscurantista, la libertà della ricerca scientifica, primo motore dello sviluppo. Chiediamo l’abolizione di tutti i divieti e di tutte le discriminazioni giuridiche contro identità, comportamenti o stili di vita basati su pregiudiziali di carattere religioso. In una società sempre più secolarizzata e multireligiosa una politica di integrazione fondata sulla laicità (oltre che ovviamente su adeguate politiche sociali) è la sola garanzia contro la minaccia di trasformare il paese in un assemblaggio di comunità fondamentaliste e settarie, ostili fra loro e unite soltanto nella pretesa di limitare le libertà. Il rafforzamento dell’istruzione pubblica e laica (e l’introduzione reale dell’educazione civica nelle scuole) deve avere come primo obiettivo la formazione alla cittadinanza democratica degli italiani, oggi drammaticamente assente.

Noi, tuttavia, siamo consapevoli che, dopo mezzo secolo di faticoso e a tratti incerto apprendistato della democrazia e un decennio di imbarbarimento, un’efficace politica riformatrice non richiede soltanto un buon programma di governo, ma che si ponga anche mano a una ricostruzione civile del paese, alla creazione di nuove classi dirigenti, a un nuovo inizio che abbia come punto di partenza la riscoperta del valore della libertà.

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